Ecuador: l’ultima frontiera

4 novembre 2008

A cavallo dei mesi di settembre ed ottobre, alcuni volontari del Bhalobasa hanno partecipato ad un viaggio in Ecuador, compiuto dal Gruppo tematico internazionale del CNCA. Numerosi sono i progetti che i viaggiatori hanno avuto opportunità di visitare per rendersi conto da una parte delle tipologie di bisogni presenti in quel paese, dall’altra delle forme di intervento che le organizzazioni sostengono quotidianamente.
Però più che riportare una descrizione di quest’ ultime, merita tentare di accostare il lettore al valore basilare che si è osservato animarle: una grande passione, la determinazione data dal cosiddetto “crederci”, la forza docile ma tenace che guida e mantiene l’impegno di queste persone che dobbiamo inevitabilmente immaginare rapportato al contesto nel quale si trovano ad operare; la società, il costume, le condizioni economiche e quelle sociali, la distribuzione dei beni e dei servizi, l’accesso ed il possesso di strumenti e valori quali l’istruzione e la salute, in Ecuador sono tutte realtà enormemente diverse da quelle presenti in Europa ed in Italia e, non è banale ricordalo, di una diversità che, al di là delle possibili e molteplici cause, spesso coincide con arretratezza, insufficienza, sottosviluppo, degrado, emarginazione, sopravvivenza. Allora, in tale scenario, non manca di apparire anche inverosimile, quasi miracoloso, che delle persone comuni ed anonime dedichino il loro tempo e le loro energie, a volte ben più che in una forma di “semplice” volontariato, da tanto che le organizzazioni sono, appunto, organizzate, strutturate, insediate ed infiltrate nel tessuto sociale, per aiutare, assistere ed accompagnare in un percorso di crescita e liberazione sia individuale che sociale, bambini, adolescenti, ragazzi e famiglie, tutti soggetti assediati e logorati da violenza, soprusi, abusi, droga, alcolismo, delinquenza, carcerazione, disoccupazione, disagio e disperazione; mali di ogni parte del mondo, ma non in tutte le parti del mondo presenti con la medesima portata e virulenza.
Ai partecipanti al viaggio i volontari e le associazioni umanitarie ecuadoriane hanno mostrato case famiglie in cui sono ospitati bambini, bambine ed adolescenti, che temporaneamente od in via definitiva sono tolti alle famiglie di provenienza per porre rimedio alla loro non rara storia di vittime di abusi e violenze; ci sono stati incontri con operatori di centri impegnati nella tutela e nella promozione dei diritti umani, ignorati a vario livello in ogni contesto sociale, oppure di strutture attive nel fornire servizi sanitari ed assistenziali agevolati per quanti non sono in grado di accedere alla sanità di massa (di carattere quasi esclusivamente privato, se tanto negli ospedali pubblici i pazienti debbono perfino portarsi i presidi medico-chirurgici!), con un’attenzione particolare alle necessità delle donne; c’è stata poi l’accoglienza dei viaggiatori da parte di comunità andine di “Campesinos” che si adoperano nel difendere la tradizionale gestione di tutti gli aspetti civili e sociali della vita degli abitanti dei villaggi della regione, quindi in autonomia rispetto alle istituzioni ed alla amministrazione pubblica, riferendo alla figura di un “capo” della comunità il potere giuridico, morale, sanitario ecc.; i campesinos di queste terre cercano poi di trarre sostentamento e crescita per le loro comunità sviluppando un’economia dalla realizzazione e vendita, solo in sito, di manufatti ad opera delle donne del posto, appositamente riunitesi in un consorzio produttivo.
L’anno che verrà sarà perciò importante per il Bhalobasa, che vedrà sempre più larghi gli orizzonti dei suoi interventi, ma lo sarà anche per l’Ecuador che potrà vedere rafforzate le risorse e verosimilmente i risultati ad opera di quanti hanno a cuore la sua gente e per essa si mettono in gioco.

Lascia un commento