di Irene Giorgi
Dopo i primi giorni siamo andati in una località a sud di Kolkata, nella zona di Malancha, vicino al delta del Gange.
In questo territorio, dove sono molto numerose le fabbriche di mattoni, si sono insediati gruppi di famiglie, alcune provenienti dalle isole del delta del Gange, altre dal vicino Bangladesh.
Sono emigrati in questa zona durante la pandemia in cerca di sostentamento.
Essendo questa una zona invasa periodicamente da acqua salmastra, non è adatta all’agricoltura. Recentemente un gruppo di donne, grazie a microcredito offerto da SGGT, l’associazione della responsabile del nostro ufficio indiano, Sharmistha, ha dato vita ad allevamenti di pesci, gamberi e granchi che permettono a loro di avere cibo e, al contempo, di contare su una piccola attività di vendita.
Sempre grazie a questo progetto viene pagata una maestra che aiuta i bambini e le bambine nei compiti prima che vadano a scuola. Una iniziativa che ha esiti importanti visti i risultati dei bambini!
Poi abbiamo visitato una fabbrica di mattoni, dove abbiamo un progetto dedicato all’istruzione dei bambini. È stata una esperienza molto forte e intensa, sotto tanti punti di vista. Gli uomini e le donne lavorano a ritmi incessanti, a lungo, ottenendo stipendi bassissimi. Le condizioni di vita sono a livello di schiavitù. L’insegnante fa sedere i bambini su un telo di plastica e si impegna con assiduità a far imparare loro qualcosa. Ci hanno chiesto di procurare loro un riparo per il sole e una lavagna.
Un’altra esperienza davvero forte è stata la visita allo slum di Akra, lo slum più grande di Kolkata. Il progetto finanziato, qui, dalla fondazione Unicredit sta avendo un grande successo.
Sono moltissimi i bambini e le bambine che vanno a lezione tutti i giorni e, continuamente, ci sono richieste dai genitori per inserire altri bimbi! Purtroppo, per ora, ci sono i fondi per supportate solo due insegnanti. I bambini, oltre a fare una sorta di prescuola nell’attesa di essere inseriti alla scuola pubblica, fanno lezioni di canto, danza, disegno. Le famiglie sono contente perché in quello slum non mai arrivato nessun aiuto dal governo o da associazioni. Siamo stati i primi stranieri che hanno visto.
Infine abbiamo visitato il villaggio in cui abbiamo realizzato il progetto ‘cataratte e occhiali’.
È stato veramente commovente vedere queste persone anziane così liete e grate di aver recuperato la vista e di poter osservare bene i familiari, il mondo intorno, le persone, la natura. Noi.
Gli abbiamo consegnato gli occhiali definitivi.
Ci hanno ringraziato, salutato.
Ci hanno benedetto… in realtà sono stati loro, come tante altre volte è accaduto, ad aprire ancora i nostri occhi, a farci vedere bene le cose che contano… siamo noi a dover ringraziare loro.