di Giovanni Carmignani
Il viaggio è una delle tre colonne, insieme a sostegni a distanza e progetti, su cui poggia Bhalobasa. Ma ha un’importanza particolare in quanto tutte le attività che scegliamo di portare avanti sono decise, di solito, durante o dopo un viaggio. E se è di gruppo, sicuramente ha più valore.
Partecipare a un viaggio Bhalobasa significa condividerne gli obiettivi, finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita delle persone dei paesi dove operiamo.
Il viaggio in corso, in India, magistralmente guidato dalla nostra referente Sharmistha, riguarda un gruppo variegato per età, per competenze e per esperienze personali. Ma tutti i partecipanti condividono gli obiettivi, e questo crea un bellissimo clima.
Ci sono alcuni concetti che abbiamo individuato e definito durante le visite alle scuole e ai progetti, durante gli spostamenti talvolta lunghi e faticosi, durante le pause di riflessione. Proviamo a esplicitarne alcuni.
1. La relazione
Non dobbiamo mai dimenticare che è all’origine di tutto. Le persone, sia referenti sia possibili beneficiari, devono essere al centro, dobbiamo conoscerle, capire la loro condizione e instaurare un rapporto di fiducia.
2. Lo studio del contesto
Viene subito dopo. Sono importanti sia una conoscenza diretta sia una raccolta di informazioni, possibilmente da diverse fonti.
3. L’individuazione delle criticità e la formulazione degli obiettivi
È il passo cruciale che non dobbiamo fare da soli, ma insieme ai nostri referenti con cui abbiamo stabilito una relazione di fiducia.
Questo è il metodo che ci sforziamo di seguire.
Sono emersi anche altri pensieri quando abbiamo visitato luoghi che ci hanno impressionato e hanno lasciato dentro di noi un sentimento di rabbia.
Gli slum di Calcutta sono una di queste situazioni. In questi luoghi ci sono baracche piccolissime e affollate, calde per il sole e permeabili alla pioggia, dove si vive in condizioni pessime. Esiste anche una condizione di evidente pericolo a causa dei treni che corrono vicinissimi a questi insediamenti. Negli slum pochissimi bambini hanno l’opportunità di andare a scuola, non è sicuro almeno un pasto al giorno ed è difficilissimo curarsi in caso di necessità.
Bhalobasa ha attivato sostegni a distanza per questi bambini. Inoltre sostiene “La casa felice nello slum” che interessa un gruppo di circa 50 bambini che hanno l’opportunità di usufruire, per alcune ore al giorno, di un ambiente dove giocare, lavarsi e mangiare. Sostiene anche un dispensario all’interno di uno slum dove non ci sono servizi sanitari.
Le fabbriche stagionali di mattoni sono un’altra situazione critica.
In Bengala occidentale ci sono molte fabbriche che producono mattoni da ottobre a aprile al di fuori del periodo monsonico. I proprietari di queste fabbriche reclutano lavoratori immigrati dagli stati vicini. Queste persone portano tutta la famiglia, compresi eventuali figli in età scolare.
Bhalobasa ha organizzato un’attività didattica a livello di scuola primaria. I bambini partecipano volentieri evitando così, almeno in parte, il lavoro minorile. Inoltre, alla fine del periodo, riceveranno un attestato di frequenza che potranno eventualmente utilizzare presso la scuola del loro paese di residenza.
Progetti belli, importanti, efficaci, ma non possiamo limitarci a questo.
Dobbiamo domandarci perché.
Perché ci sono gli slum? Perché le baracche sono così vicine al treno che comporta una situazione di grande pericolo? Perché i lavoratori immigrati non hanno un regolare contratto di lavoro? Perché i figli di questi lavoratori non vivono in una situazione di normalità? E perché non frequentano una scuola?
Si potrebbe continuare ancora.
Tutti noi siamo consapevoli che ciò è conseguenza di una grande ingiustizia. Ma dobbiamo trasformare questa consapevolezza in qualcosa di operativo. Capire più a fondo il problema e adeguare le nostre strategie, almeno a livello comunicativo.
Gli interventi concordati con i nostri referenti contribuiscono parzialmente a migliorare la condizioni di vita di tante persone che abitano negli slum, e di tanti lavoratori che migrano con le loro famiglie per cercare occupazione nelle fabbriche stagionali di mattoni. Oltre a questo dobbiamo prendere una posizione e denunciare, facendo sentire anche la nostra voce.
Non è facile. Ci sono migliaia di chilometri di distanza e un contesto molto diverso dal nostro. Ma dobbiamo provare a fare un passo in questa direzione per rendere più incisivo il nostro operato.