La bellezza salverà il mondo, fa dire Fëdor Dostoevskij al principe Myskin. Questa frase mi viene in mente di colpo, proprio mentre ripercorro, insieme a Don Armando Zappolini, i trent’anni di cammino del CNCA, festeggiati dal 13 al 15 dicembre scorso nell’assemblea nazionale svoltasi a Firenze. È l’ultimo giorno del 2012, siamo in canonica e in chiesa lo aspettano per la Messa in latino. Come sempre parlare con Armando vuol dire contaminare i piani, praticità, azione, spiritualità. Progettualità, meditazione, rivoluzione. In russo, tra l’altro, “mir” significa “pace”, oltre a mondo. Quindi la parola bellezza, che Armando pronuncia non appena ci sediamo e che utilizza spesso in contesti che sembrano contrasti (ma che la rendono ancora più forte, lo “splendore del vero”, diceva “qualcuno”) acquista un significato di coerenza etica e al contempo di ribellione a tutto ciò che è ingiusto, a quella parte di mondo che non si ferma ad aspettare e a sostenere quel pezzo enorme di mondo che non ce la fa. Da qui nasce una chiacchierata, l’intervista ad Armando forse non si può fare, le domande le fa lui. Le risposte le troviamo insieme. E l’articolo diventa interattivo, dinamico. Come se lo steste scrivendo anche voi. “La bellezza è l’inaspettato _ dice Armando _ le energie senza fine che gli operatori del sociale continuano a spendere, in progetti di vicinanza e sostegno agli ultimi che sono la loro ragione di vita e che sono stati praticamente cancellati dell’agenda politica. La bellezza è la speranza che i nostri 15.000 operatori, dei quali 5.000 sono volontari, riescono ad accendere nelle persone, la loro capacità di credere, andare avanti e far andare avanti anche gli altri, proprio chi altrimenti resterebbe indietro”.
Un concetto forte e inevitabile, rompere i recinti, quello utilizzato come leit-motiv dell’assemblea del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza. “È il tema venuto fuori, con intensità, dalle giornate di Spello dell’ottobre 2011. Il cambiamento non può più aspettare, il terzo settore è stato messo in ginocchio dai tagli spietati inferti alle politiche sociali, ci vogliono denuncia e partecipazione, dobbiamo uscire dalle nostre nicchie e dalle nostre tane, alzare la voce e lo sguardo, abbattere steccati per costruire una nuova società, un’economia che metta al centro i diritti delle persone. All’assemblea di Firenze c’era bellezza a non finire, centinaia di operatori sociali che da tutta Italia hanno detto: noi ci siamo, tocca a istituzioni e politica adesso!”.
Armando questa è la bellezza? La fatica, l’impegno, la stanchezza che non intacca minimamente il rinnovarsi quotidiano di una scelta. Quella che ti fa anche sudare e piangere e arrabbiarti per difendere le persone e i valori e in cui credi (quando la giustizia sembra un ideale troppo grande e intorno in pochi sembrano capire e ti sembra di fare tanto e al contempo di non fare niente), e guai se non fosse così. Però è difficile, spesso, spiegarlo agli altri! “Basta parlare con voi, con i volontari del Bhalobasa, con gli operatori del Coordinamento, persone straordinarie ma comuni! In qualsiasi parte d’Italia li incontri mi dicono: possono toglierci il pane, ma non l’anima. E proprio ora, con le risorse ridotte all’osso, dimostrano, dimostrate come non mai non solo passione e gioia, che ci vogliono sempre, ma competenza! Volontà di formarvi ancora, di migliorare la qualità dell’aiuto”. Ora capisco il senso del tuo intervento all’evento di chiusura del Trentennale, a Palazzo Vecchio. Parlare di rivoluzione d’ottobre, se si pensa al coraggio di certe persone, non è un concetto così ingombrante. Anzi. Torniamo in Russia, dove ci ha portato all’inizio di questo tentativo di intervista la parola “bellezza” , in quella realtà socialmente stremata, letta anche dal citato Dostoevskij nei suoi libri. “Il nostro mondo deve cambiare subito, radicalmente, e la scintilla che lo farà cambiare sono proprio quegli operatori e quelle persone che non riscuotono da mesi, ma che continuano a dare sostegno a chi è in situazioni drammatiche. La loro forza, la nostra forza è il colpo di cannone che ci serve”. E il Bhalo cosa può fare? “Quando ho fondato l’associazione, e sono passati oltre 21 anni, non avrei mai potuto sperare di vederlo com’è oggi. Parliamo ancora di bellezza! Alessandro e Matteo, voi volontari, con la gioia del vostro impegno mi fate sentire soddisfatto di quella scelta compiuta tanti anni fa. Continuate così, a cambiare le cose che non vanno, ad ascoltare chi non ha voce. Continuiamo a camminare insieme”.