Incontro con Marie Eveline Sawadogo Zara

5 marzo 2014

Dal 6 all’11 marzo sarà in Italia Marie Eveline Sawadogo Zara, presidente dell’Association Solidarité et Espoir de Vie (ASEV) di Tougouri, una delle associazioni con le quali collaboriamo e operiamo in Burkina Faso.
Domenica 9 marzo, alle 16, incontreremo la nostra referente a casa del vicepresidente del Bhalobasa Matteo Ferrucci, a Vicopisano. Parleremo della sua esperienza, dei nostri progetti in Burkina e ascolteremo le sue importanti testimonianze.
Per partecipare e avere informazioni scriveteci a comunicazione@bhalobasa.it.

Il momento clou della settimana di Madame Eveline in Italia sarà la sua partecipazione alla giornata conclusiva del Festival della Cooperazione, sabato 8 marzo, dalle 9.30 alle 13, nella sala Pistelli di Palazzo Medici Riccardi a Firenze.
Il Gruppo di lavoro AIDS del Tavolo Africa della Regione Toscana (del quale fa parte e al quale siede anche il Bhalobasa) rilancerà, in questa occasione, la campagna Donne+ che mira a sensibilizzare in merito ai problemi legati alla trasmissione materno infantile del virus HIV nei paesi africani partner delle associazioni e delle ONG aderenti al Comitato.

15 milioni di donne sono  HIV positive in Africa. La maggior parte  già madri o in attesa di diventarlo.  Il virus colpisce loro  più degli uomini, e da loro può trasmettersi ai figli, durante il parto e l’allattamento.

Così, in Africa, ogni minuto una madre muore di AIDS e ogni due minuti  un bambino nasce HIV positivo.

Ma sono  sempre più numerose le donne che lottano per vivere, e  per donare ai propri figli una vita libera dall’AIDS. Perché  curarsi dall’AIDS è un diritto anche in Africa, da quando il mondo intero si è impegnato a garantire l’accesso alla terapia  a tutte le persone che ne hanno bisogno. Anche le più povere e vulnerabili, grazie alla gratuità dei farmaci.

Così, nel villaggio più sperduto come nella grande città, quando una donna incinta si presenta al suo ambulatorio, per la visita prenatale, inizia un viaggio che può modificare il suo destino, quello del suo bambino e della sua famiglia. Lì  trova qualcuno che le parla dell’AIDS, dei rischi per lei e per il figlio che attende, delle possibilità di prevenzione e di cura, per lei e per i suoi familiari.

Fare il test è il primo passo, il più difficile, e molte si fermano prima.  Vinte dai  fantasmi che la parola AIDS continua ad evocare.

Quelle che vanno avanti hanno la possibilità di curarsi e di prevenire la trasmissione del virus al proprio bambino. Sanno di dover affrontare prima il giudizio del partner e poi quello della famiglia e della comunità. Un giudizio che spesso si traduce in ostilità, ripudio, isolamento. Alcune cedono, lungo la strada.  Molte continuano, ma da sole e l’opportunità di salvare altri familiari si perde.

Ci vuole  coraggio, per affrontare questo viaggio verso la vita.  Ma alle donne africane  non è il coraggio che manca.

Quello che troppe volte non trovano è il sostegno di chi ha il dovere di non lasciarle sole:

  • nel sistema sanitario, che non sempre è presente nei villaggi  con personale qualificato e mezzi adeguati;
  • nella comunità,  spesso condizionata dalla paura della malattia, e priva delle risorse  per trasformare la buona volontà di alcuni  in reti permanenti di solidarietà.

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