Oggi tutti pensiamo ad Aylan, a quel bambino siriano che insieme alla sua famiglia fuggiva dalla guerra per cercare una vita migliore… e che invece ha trovato la morte su una spiaggia. Come tantissimi altri bambini e tantissime altre famiglie, purtroppo. Un lutto continuo che ci lascia senza fiato.
Abbiamo, come associazione, standard piuttosto rigidi per quanto riguarda l’utilizzo delle immagini dei bambini. Ci siamo interrogati a lungo su questo tema e ne parliamo spesso, ci confrontiamo. Non senza contraddizioni o diversità di opinioni che cerchiamo di comporre e superare, insieme.
Come comunicare le situazioni di estremo disagio nelle quali vivono i bambini in alcuni Paesi Sud del mondo, senza “mercificare” la loro immagine e mancare loro di rispetto? Continuando a tutelarli? Pensando a loro prima di tutto? Come scuotere le coscienze su problemi, paesi, malattie, guerre, tragedie, situazioni ignorati o dimenticati e su villaggi sperduti, senza “spingere” con le immagini? Senza far vedere certe immagini sul nostro sito e sulle nostre pagine Social, sui magazine e sugli altri strumenti di comunicazione, cosa comunichiamo? Cosa resta? Ci proviamo. Raccontiamo a parole, organizziamo serate di report sui nostri viaggi in cui spieghiamo la realtà senza filtri… non solo. Apriamo i viaggi solidali a tutti, vi diciamo “venite a vedere” come Padre Orson disse a noi all’inizio della nostra esperienza, quasi 25 anni fa. Vi accompagniamo, viviamo tutto insieme. Il percorso è estremamente più lungo e difficile, ma il risultato è durevole.
Privilegiamo la relazione, il rapporto personale, l’amicizia, la condivisione reale di emozioni, sogni, progetti e percorsi e la foto spesso diventa una storia. Aylan ci ricorda che un nome e una storia sono più forti, nel bene e purtroppo nel male, di qualsiasi numero, di qualsiasi dato. Ma il “prezzo” non deve essere alto per i bambini. Loro ci guardano con fiducia, sincerità e amore. Noi li ricambiamo spontaneamente. Loro hanno già tanto sulle esili spalle, corrono anche troppo lontano per non saper quasi camminare. Spesso muoiono per malattie che sarebbero curabili o perdono i genitori per questo, soffrono per la fame, non possono andare a scuola se non interveniamo. Almeno il peso immenso di spezzare l’indifferenza e il razzismo con le immagini della loro sofferenza, noi vorremmo risparmiarglielo. Grazie alla vostra generosità e alla vostra sensibilità possiamo riuscirci.
Ora ci auguriamo, nel rispetto di tutte le opinioni (in parte, come detto, diverse anche al nostro interno) che cessino subito le polemiche e si impieghino invece tutte le energie possibili per creare quanto prima un sistema di accoglienza degno di questo nome.
Un abbraccio ad Aylan e a tutti i bambini che non possono ancora (o non possono più…) giocare e crescere sereni. Continueremo a fare la nostra parte, nel nostro piccolo, per costruire accoglienza e futuro.
Grazie per questa riflessione:il modo più giusto per una giornata che ha raccolto immagini e parole,ma poco approfondimento sulle situazioni che sono alla base di queste tragedie ormai quotidiane.
Come scriveva oggi Smargiassi su “La Repubblica”:”Inguardabile non è il corpo di un bambino immobile, (ma)il corpo di una politica immobile”.
Trasformiamo il nostro sdegno in azioni che evidenzino il nostro impegno di accoglienza e..il Bhalobasa ci insegna uno stile!