di Elisa Stevanin
Alcune settimane fa a Touguri, nel nord est del Burkina Faso, sono stati distribuiti i primi kit di sostegno ai profughi che si sono riversati nell’area, provenienti per lo più dagli stati confinanti del Mali e del Niger.
Da alcuni anni, infatti, interi villaggi maliani e nigeriani vengono saccheggiati, i granai e le scorte distrutti o depredati, gli animali rubati e i loro abitanti uccisi o messi in fuga da gruppi armati appartenenti ad Al Qaeda e all’Isis spesso al soldo dei potentati locali e, secondo un recente studio geopolitico, complici i cambiamenti climatici che estendono progressivamente la desertificazione, alla ricerrca di nuovi “spazi vitali”.
Una delle situazioni più drammatiche è senza dubbio quella dei rifugiati ospiti di alcuni campi allestiti in Burkina Faso.
Nell’ultimo anno alcuni di questi hanno subito ripetuti attacchi; uno di essi, Mentao, a settentrione, al confine con Mali e Niger che ospita circa 6.500 persone, è stato addirittura attaccato sia da jihadisti che da militari burkinabè convinti che i rifugiati fossero complici dei terroristi.
La stampa internazionale riporta che lo scorso maggio l’esercito del Burkina Faso è stato accusato dalle Nazioni Unite di aver compiuto violenze contro i rifugiati del campo: le forze di sicurezza del Burkina Faso avrebbero ferito 32 profughi; avrebbero condotto adulti e giovani fuori dai loro rifugi e li avrebbero quindi picchiati selvaggiamente con cinture, corde e bastoni.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati di recente ha reso noto che per effetto delle violenze scoppiate in tutta la regione del Sahel, già dal gennaio 2019 il Burkina Faso sta registrando la fuga di circa un milione di persone, una cifra impressionante che, giorno dopo giorno, non fa che aumentare.
A ciò si aggiungano la fuga e la migrazione anche degli stessi burkinabè dall’area più settentrionale del paese dove la popolazione vive in condizioni disperate e necessita con urgenza di alloggi, acqua e servizi sanitari.
Molte strade collegate con il principale snodo commerciale a nord della regione, come la stazione di Dori, non si possono più percorrere per paura di fare brutti incontri con le immaginabili ripercussioni su una rete commerciale già asfittica.
Si è proceduto alla chiusura di scuole, ambulatori, presidi di guardia poiché si verificano attacchi tutti i giorni finendo con il lasciare completamente in balia degli aggressori tali territori a tal punto che alle ultime elezioni presidenziali, tenutesi lo scorso novembre, i cittadini non hanno potuto votare: “lì non c’è più alcun controllo dello Stato”, riferiscono alcune fonti locali.
La condizione di insicurezza ha ora travolto tutte le 13 regioni del Burkina Faso.
La diffusione del COVID-19 ha introdotto un nuovo fattore di insicurezza nella già instabile situazione. Per questo i kit che sono stati forniti contengono alcuni beni “semplici e basici” ma di fondamentale importanza in quanto destinati alle due priorità assolute del contesto: l’alimentazione e l’igiene per contrastare l’epidemia.
Al momento 50 nuclei familiari di sfollati, per un totale di 575 persone, hanno ricevuto mais, saponi e secchi; la consegna è avvenuta a mano da parte di un rappresentante del Ministero dell’Azione Sociale grazie all’intervento dell’Associazione Teele Taaba referente e fiduciaria di Bhalobasa in loco.
Attualmente c’è necessità di sostenere almeno altre 400 persone.
Nel contempo si sta attivando un’attività, sempre attraverso Teele Taaba, di sensibilizzazione e formazione degli stessi abitanti del villaggio di Touguri per l’accoglienza dei profughi e per il loro sostegno.
Alcuni di loro hanno comunque dimostrato spontaneamente un profondo spirito di solidarietà, come ad esempio un’anziana ostetrica che, durante il periodo di chiusura del centro per partorienti, ha dato ospitalità nel giardino di casa sua a ben 67 donne aiutandole nel parto, a riprova che l’anelito alla vita è senz’altro più potente di qualsiasi ombra di morte: spetta poi ad ognuno di noi, ciascuno con le proprie possibilità -piccole o grandi- conservarla proteggendone al massimo grado la sua dignità.